La Fondazione

Imprinting e imperativi

Un imperativo in lingua volgare scolpito nell’archivolto del portale della nuova chiesa fatta costruire da Philippu de Masseo nel 1338 a “Castrum Veterum”, il Castelbasso di allora: “Conuscite”, conoscete!

Un invito perentorio a comprendere, cercare; e poi imprevedibile perché rivolto a contadini, braccianti, soldati di guarnigione, donne del popolo, tutti dimoranti nel castello e, nella stragrande maggioranza, verosimilmente analfabeti. Eppure qualcuno sentì il bisogno di ribadire nella pietra il destino dell’uomo, nato “per seguir virtute e conoscenza”, come solo pochi anni prima aveva scritto l’Alighieri nella sua “Commedia”.

Un altro imperativo, questa volta dettato dalla fame, impose nel 1930 a Malvina Di Silvestre di avventurarsi oltre il Gran Sasso che fino ad allora era stato l’orizzonte della sua fantasia di tredicenne. Ai primi del secolo, era il 1906, due giovani fratelli falegnami e un loro cugino avevano scritto a matita, nella parte interna delle specchiature del portone della chiesa: “In questo anno domini attuale, non si parla d’altro che d’andare in America… Il paese è spopolatissimo… Ho desiderio di sapere come vi tratta la fame…”.

Ventitré anni dopo le cose evidentemente non erano migliorate se anche una ragazzina come Malvina, ma non fu la sola, fu costretta a intraprendere un viaggio che la portò non in America ma nella più vicina Roma, sebbene la nostalgia e la trepidazione non fossero inferiori.

Nella capitale la giovinetta lavorava duramente per guadagnarsi il pane e più tardi sposò Amedeo, diventando così la signora Malvina Menegaz dalla quale nacque, tra gli altri figli, Osvaldo, che poi sarà l’istitutore della Fondazione a lei dedicata.
Due vicende, quelle appena narrate, che, seppure divise dai secoli, idealmente si ricongiungono per formare l’imprinting della “Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture”:

un’istituzione, cioè, che intende richiamarsi al “Conuscite” trecentesco individuando proprio nella conoscenza, nella cultura, il mezzo con il quale onorare il sacrificio dell’abbandono del paese natio compiuto dalla signora Malvina Menegaz, ma anche quello di altri che come lei furono costretti a ubbidire all’imperativo ben più stringente della sopravvivenza. Oggi, concluso il suo ideale ritorno a casa, la signora Malvina spalanca le porte di quella che fu una riservata dimora magnatizia per fare di essa un luogo di incontro e conoscenza delle arti e delle culture.